giovedì 26 giugno 2008

Portishead - Third

La fama dei Portishead non appartiene a questa decade così come la fortuna del trip-hop.

Ad undici anni di distanza dall'album omonimo, a quattordici dall'esordio "Dummy", il gruppo di Bristol torna con Third, loro terzo album appunto.
In molti si sarebbero accontentati di sentire un'altra Glory Box, ma usando le parole di Geoff Barrow erano cose già fatte, perchè rifarle?
Ed i Portishead vanno oltre.

Se Dummy è ormai manifesto di un genere musicale, Third si manifesta dai primi ascolti come un disco fuori dal tempo.

Third è la sofferenza dell'introspezione.
Non è un caso che la parola "mind" ricorra più volte nei testi delle canzoni: la mente.
I pensieri personali, una ricerca interiore, attraverso i dubbi dell'esistenza.
Dubbi che obbligano a scelte. Scelte del singolo, che nel fallimento non possono trovare altri responsabili.
E se la vita è fallimento, ecco che la mente diviene unico spazio, impossibile, in cui fuggire dalla realtà.
Una realtà in cui incontri, relazioni, amore, fallimentari sono causa di delusione e dolore.

La musica riporta queste emozioni, vissute nel dolore della voce di Beth Gibbons, immersa in spigolosità dark industriale, tra luci ma soprattutto ombre sonore. Sonorità che trasmettono angoscia ed ansia attraverso undici perle.

A cominciare da Silence che, a proposito di angoscia, nel momento di maggior tensione si interrompe bruscamente.
In The Rip con un arpeggio delicato si viene prima cullati da Morfeo tra le soffici nuvole di un sogno, per poi essere lasciati precipitare incoscienti. E vengono in mente le parole di Hunter: "And if I should fall, would you hold me?".
Seguono le mitragliate elettroniche dell'apocalittica Machine Gun, dove a fare strage sono ancora le corde della Gibbons.

Esteja alerta para a regra dos 3, o que você dá, retornará para você. Essa lição você tem que aprender, você só ganha o que você merece.
Where is my mind? 10/10

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